Prendiamo posizione per Un anno speciale con la Laudato Si’ perché tutto è connesso
estate 2020
a cura di Fiorella Capasso,Fiodanice-Cultures en dialogue
Tutto è connesso. Come un mantra, nelle ultime settimane, questa verità è risuonata da più parti nelle nostre comunità anche grazie alle quattro video-conferenze, Conversazioni ai tempi del Coronavirus [1], animate dall’India da Fratel Philip Pinto che ha parlato alle realtà apostoliche dei cinque continenti evocando la bellezza e la complessità dei legami tra spiritualità cosmologica e attuale processo formativo a cui sono necessari quattro approcci: Esperienziale, Partecipativo, Contemplativo e Connesso.
In continuità [2] con la sessione “L’Amore, il Cuore dell’Universo” realizzata nel 2018 alla Casa Madre di Angers, Fratel Pinto ha indicato le nuove prospettive che cominciano ad emergere e a trasformare la nostra fede, grazie all’integrazione della scienza e della teologia, con ricadute sui processi di formazione continuamente adattati al mondo complesso e in rapida evoluzione in cui viviamo: “La sfida maggiore che si pone oggi è di allargare il nostro campo di riflessione, per permettere alla nuova saggezza di emergere e di rimodellare le nostre immagini di Dio, la nostra comprensione della fede e del mondo e di immaginare di nuovo il nostro modo di vivere la vita religiosa perché sia pertinente nel futuro”.
Tutto è connesso… un mantra che abbiamo sentito ricordare spesso negli ultimi mesi, nel pieno dell’evento-tsunami Coronavirus. La pandemia si è comportata come un catalizzatore delle dinamiche economiche, sociali e culturali e delle loro contraddizioni. Non ha introdotto elementi di novità radicale, ma portato i nodi al pettine con maggiore velocità e svelato quanto prima rimaneva più facilmente nascosto o implicito, anche se gli osservatori più attenti lo avevano già da tempo evidenziato: “La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende.” [3]
Che lavoro, casa, ambiente e salute fossero nodi cruciali lo sapevamo anche prima, così come sapevamo quanto contraddittorie, problematiche, ingiuste e persino potenzialmente catastrofiche fossero alcune scelte e comportamenti, individuali e collettivi. Pensavamo di “rimanere sempre sani in un mondo malato” [4]? In altre parole, quello che ci sta accadendo è che non possiamo più far finta di non vedere quanto fosse insostenibile il futuro che con le nostre azioni e le nostre scelte stavamo costruendo, per noi e per le generazioni a venire, in quello che oggi ci appare come il nostro passato. È la visione che ha dominato gli ultimi secoli: l’uomo al centro dell’universo ha cercato disperatamente di controllare ogni cosa mentre, al contrario, ne ha perso il controllo.
Paradossale, ma anche non imprevedibile. Lo esprime con efficacia anche il dipinto dei primi del novecento che abbiamo scelto questo mese, La città che sale. L’artista [5] ha voluto fissare il carattere del nostro tempo industriale che esalta il mito dell’uomo moderno come artefice di un mondo nuovo. Prende spunto dalla vista di Milano dal balcone della casa dove abitava e trasforma un normale momento di lavoro, in un qualunque cantiere, nella celebrazione dell’idea del progresso industriale con la sua inarrestabile avanzata. I cavalli, invano trattenuti dagli uomini attaccati alle briglie, ne sono la sintesi drammatica. Nel turbinio di colori ne distinguiamo tre: uno bianco a sinistra, l’altro che domina la posizione centrale del quadro, ed uno sulla destra. Questi ultimi due hanno una colorazione rossa e sulla groppa presentano dei profili di colore blu che assomigliano ad ali. Presagio di un ritorno al caos primordiale della confusione e indifferenziazione tra i viventi? Già evocavano, i cavalli, la caduta di Icaro dalle ali di cera nella quale oggi siamo tutti coinvolti? Come sorprenderci allora di fronte al fatto che Milano – chiamata capitale morale dell’Italia – sia, nel mondo, tra la città che oggi – assieme a New York – paghi il prezzo più “salato” al dinamismo della modernità, all’esaltazione della tecnologia, del nuovo e dei “dané”[6], nel gorgo delle emergenze epocali?
[…] ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare. [7]
È evidente che dobbiamo cambiare, ma è ancora più chiaro che la vera questione è se vogliamo, se riusciremo a farlo.
Tutto è connesso. E’ stato questo anche il filo conduttore scelto da Papa Francesco per la Settimana Laudato Si’ 2020 con un rinnovato appello a “rispondere alla crisi ecologica perché il grido della terra e il grido dei poveri non possono più aspettare”. Ed ecco che al termine della settimana, il 24 maggio scorso, a cinque anni dalla pubblicazione di questa enciclica sull’ Ecologia integrale, il Papa prende di nuovo sulle sue spalle il peso del “seguire la verità nell’amore” (Efesini 4,15) – come già gli avevamo visto fare in quel memorabile momento straordinario di preghiera per la pandemia, il 27 marzo scorso, sul sagrato di Piazza San Pietro, deserta come mai – e promuove un anno speciale per la Laudato Si’, enciclica sulla cura della casa comune, “riflessione drammatica e gioiosa insieme.”[8]
Ho visto un Uomo
dire
“nessuno si salva da solo”
perché
non siamo soli
se crediamo
in Dio
e nella sua Salvezza.[9]
Fare verità nell’amore – questo ci chiede il Papa – alla sequela di Gesù, per portare vita e portarla in abbondanza (Giovanni 10): “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo”? [10] Fare verità nell’amore mette le cose in movimento: prendiamo l’altra persona sul serio, offriamo ospitalità e condividiamo ciò che conta con chi abbiamo di fronte. Fare verità nell’amore non copre, ma riconosce e tratta i conflitti con mitezza e speranza [11]. E spesso fa intravedere delle cose non viste ancora. La verità spoglia l’amore delle incrostazioni che si sono solidificate durante il tempo, focalizzandosi sulle realtà che rendono la vita autentica per tutte e tutti, senza troppi imbarazzi, paura e odi.
Papa Francesco deve aver proprio preso alla lettera il convincimento del poverello di Assisi di cui, per primo tra i Pontefici che lo hanno preceduto, porta il nome: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.” E arriva a superare in audacia persino Papa Giovanni XXIII la cui Pacem in terris era indirizzata a “tutti gli uomini di buona volontà”. Con la Laudato Si’ Papa Francesco convoca tutti gli abitanti della Terra ad affrontare insieme problemi che riguardano tutti i viventi e richiedono risposte di portata globale: sembra un Manifesto per l’umanità del XXI secolo a rischio di restare senza futuro. Forse per questo la sua saggezza gli aveva sin da subito suggerito di affidare la dirompenza di questa dell’enciclica allo Spirito Santo: il 24 maggio 2015 si celebrava, appunto, la Pentecoste, la discesa dello Spirito e dei suoi doni sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio.
L’ecologia che il Papa propone è integrale [12] in quanto gli aspetti ambientali, sociali e umani si integrano vicendevolmente: “oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri “[13]. Con parole di una severità inconsueta, la Laudato Si’ contesta la negazione del cambiamento climatico in quanto espressione di interessi di potere velati. “Velati”, perché è evidente che non si sta lottando per la verità scientifica, ma si vogliono proteggere interessi particolari [14]. Nell’analisi e nella risposta alla questione del clima, non sono gli interessi dei potenti a dover prevalere, bensì l’esigenza di una giustizia globale.
Tutto è connesso. Nell’enciclica troviamo due cammini, uno spirituale l’altro concettuale: il primo accoglie un antico insegnamento presente in diverse tradizioni religiose, tra cui quella della Bibbia, secondo cui “meno è di più” e “incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo.” [15]. Quanto al cammino concettuale, aperto a visioni e a chiavi di lettura complesse, esso si articola secondo i tre noti passi del vedere-giudicare-agire [16]: presentazione dei problemi globali dell’ambiente, così come diagnosticati dalla scienza (Capitolo I), interpretati alla luce del messaggio biblico (Capitolo II) e declinati nel contesto più ampio della sensibilità del Papa rispetto alla globalizzazione e all’epoca moderna (Capitolo III). Il capitolo IV affronta le linee di orientamento etico, e i due capitoli successivi illustrano ragioni e principi dell’agire.
E’ la prima volta che un Papa parla con tanta autorevolezza al mondo intero, non su questioni religiose, ma su così tanti problemi di comune interesse per la continuità/qualità della vita sul Pianeta. Lo fa con lucidità e con parole piene di speranza [17]: “Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la speranza” [18].
Un anno speciale con la Laudato Si’ può accompagnarci a riparare e ad attrezzarci in nuove competenze per costruire senza distruggere, per il bene comune, per far crescere l’umanità nella conoscenza, nella giustizia, nella solidarietà e nella capacità di convivere tra diversi. C’è da far emergere un nuovo mondo, più consapevoli delle nostre fragilità e pronti all’imprevedibilità come dimensione della vita dell’umanità. Nella maggiore consapevolezza di appartenere a un ecosistema, potrebbe nascere un nuovo progresso sociale, una politica di empatia, una nuova amicizia con la natura, gli uomini e Dio.